Senza domenica non possiamo vivere

Ieri era la memoria dei Santi martiri di Abitene, a cui dobbiamo questa memorabile frase. Questo mi ha portato a rispolverare una vecchia nota che scrissi su FB. Eccola qui

Partiamo da un dato: L’80 per cento degli italiani vorrebbe negozi sempre aperti (ricerca Cermes-Bocconi), meno di uno su due «si ricorda di santificare» il settimo giorno, il 46 per cento lo dedica al turismo e il 31,3 per cento lo occupa in qualche impiego (indagine Censis), vale a dire che la stragrande maggioranza degli italiani non comprende più la necessità di un giorno di riposo specifico nella propria vita. Eppure l’idea di un giorno di riposo da dedicare a Dio e a se stessi, il “Giorno del Signore” (Dies dominicus, da cui il nome Domenica) è al cuore stesso della fede ebraico cristiana.

E’ stato detto (e non credo che sia un’esagerazione) che il Sabato è più che un elemento cardine della spiritualità ebraica, è il suo stesso fondamento, tanto da dire che è il Sabato che fa Israele e non viceversa. Ma perché? Perché Dio vuole che riposiamo un giorno alla settimana? Il ritmo settimanale, sei giorni di lavoro uno di riposo corrisponde al ritmo stesso della Creazione, così come è narrata in Gen. 1, significa che è scritto nella sostanza stessa delle cose, nella natura dell’uomo in quanto tale. In quel giorno l’uomo è chiamato a fare ciò che ha fatto Dio, che si è fermato a contemplare l’opera delle sue mani e a vedere che era cosa “molto buona”.

Il riposo è il compimento del lavoro, senza riposo il nostro lavoro non giunge mai al suo fine e diventa quindi alienazione. A che serve lavorare e produrre senza un attimo in cui potersi fermare e godere del frutto del proprio lavoro? A chi giova questa ansia di lottare questa frenesia che ci rende incapaci di fermarci e godere? In questo modo finiamo col perdere il senso stesso del lavoro, che diventa un lavoro da schiavi. Non è forse ciò che caratterizza lo schiavo rispetto all’uomo libero il fatto che lo schiavo non può decidere quando fermarsi?

In “Avere o Essere” E. Fromm così scrive: «Non si tratta di riposo in sé e per sé, cioè di una giornata in cui non si debbono compiere sforzi, né fisici né mentali, bensì di riposo nel senso di ristabilimento della completa armonia tra gli esseri umani e tra questi e la natura.(…) lo Shabbat è un giorno di tregua nella lotta che l’umanità conduce con il mondo»

E più recentemente papa Benedetto gli fa eco: «Senza il Signore e il giorno che a Lui appartiene non si realizza una vita riuscita. La domenica, nelle nostre società occidentali, si è mutata in un fine settimana. Il tempo libero, specie nella fretta del mondo moderno, è una cosa bella e necessaria; ciascuno di noi lo sa. Ma se il tempo libero non ha un centro interiore, da cui proviene un orientamento per l’insieme, esso finisce per essere tempo vuoto che non rinforza e non ricrea» (Omelia nel duomo di S. Stefano a Vienna, Settembre 2007) tanto che fin dal 1919 lo psicologo S. Ferenczj ha identificato una nevrosi che egli chiama la “Nevrosi della Domenica” ovvero l’incapacità di godere del riposo e della vacanza.

Qual’è allora il senso del Sabato? E’ fermarsi, contemplare l’opera di Dio e dire al mondo e alla propria vita: “quanto sei bella” e riappropiarsi così di se stessi e del centro della propria esistenza, riscoprire che la vita è dono e non prodotto, che più che l’opera delle nostre mani conta l’amore che riceviamo, che al centro della vita non c’è il fare, né tantomeno l’Avere, ma l’Essere.

Per riappropriarsi del Sabato, in una prospettiva che fin qui può essere tanto religiosa quanto laica suggerisco un decalogo che mi sembra molto bello e che ricavo da questo sito :

  1. evita la tecnologia,
  2. connettiti con chi ami,
  3. coltiva la tua salute,
  4. esci all’aria aperta,
  5. evita i commerci,
  6. accendi una candela,
  7. bevi vino,
  8. mangia pane,
  9. trova il silenzio,
  10. ricambia.

Ma per noi Cristiani c’è qualcosa in più: il Sabato diventa Domenica, perché? Perché Dio ha fatto qualcosa di ancora più bello della Creazione del mondo: ha risuscitato Gesù. Il giorno in cui far memoria della Creazione diventa così il giorno in cui fare memoria della Risurrezione, il giorno in cui fare qualcosa di ancora migliore che celebrare la bellezza del mondo, ovvero vivere da Risorti.

La Domenica assume in sé tutta la ricchezza del Sabato e la completa, non è più semplicemente il giorno della contemplazione, ma il giorno dell’amore, il giorno in cui compiere tutte le opere d’amore che nella settimana rimandiamo, costretti come siamo dal lavoro. Andare a trovare un malato in ospedale, fare del volontariato, anche semplicemente una visita ai nonni sono opere perfettamente domenicali, perché pur non essendo “riposo” in senso stretto realizzano tuttavia il cuore dell’insegnamento biblico e al tempo stesso testimoniano che un’altro modo di vivere è possibile.

Per tutte queste ragioni ovviamente abbiamo bisogno della partecipazione alla liturgia della Comunità, al “Grande rendimento di Grazie” (Eucaristia) che è il centro vitale della Domenica, da cui promana tutta la sua energia.

Detto questo alcune considerazioni politiche e sociali: dobbiamo prendere atto che il diritto al Sabato/Domenica è minacciato: l’apertura domenicale dei centri commerciali, i turni di lavoro che non tengono più conto del diritto a godere di un giorno fisso di riposo che “protegge i diritti dei lavoratori. Solo un giorno di riposo universale, infatti,  condiviso da tutti i membri della famiglia, può preservare il tempo da passare insieme” (Da una sentenza della corte suprema degli Stati Uniti del 1951) sono una realtà con cui fare i conti e a cui i cristiani devono reagire testimoniando uno stile di vita diverso.

Non si tratta di fare battaglie parlamentari o cose del genere, ma di riappropiarci innanzitutto noi della Domenica, scegliendo in quel giorno di vivere in modo diverso. Il decalogo per lo Shabbat proposto dagli ebrei americani nel sito che ho citato mi sembra un buon punto di partenza.

Evitiamo la tecnologia, evitiamo il commercio, ristabiliamo  legami con chi amiamo, dedichiamoci a noi stessi e al nostro prossimo, cerchiamo spazi di silenzio e di ascolto, attenti più all’Essere che al Fare e prima di tutto celebriamo con gioia il Dono dei doni

7 commenti

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7 risposte a “Senza domenica non possiamo vivere

  1. Max

    Grazie per queste parole, mi piacerebbe tanto sentirle dal pulpito dai tanti sacerdoti che conosco, ma in genere non ci si spinge più in là di una generica condanna del consumismo (soprattutto in Avvento). Detto questo, è chiaro che per preservare la domenica, il cristiano dovrebbe evitare di trascorrerla facendo shopping. Se ognuno di noi evitasse di farlo, penso che i signori commercianti troverebbero antieconomico restare aperti, mentre magari aprirebbero il lunedì mattina, quando è ormai difficile fare shopping. Natale scorso è capitato di domenica e il 21 dicembre ho assistito, al supermercato, alla penosa scena di una cliente che (in “buona fede”, ma ormai nel pallone) ha detto al cassiere che sarebbe tornata quella domenica, tanto loro erano aperti… Il cassiere le ha anche risposto a muso duro, rimproverandola del fatto che desiderasse farli lavorare anche a Natale, mentre la signora, sempre più confusa, non capiva cosa avesse potuto scatenare la stizza del cassiere… E pensare che in quello stesso supermercato, quando decisero di aprire la domenica, un’altra signora, sempre addetta alla cassa, cogli occhi lucidi mi disse che avrebbe preferito stare a casa coi suoi figli, ma che doveva piegarsi per motivi economici. Perchè sono i dipendenti, padri e madri di famiglia, i primi a subire queste cose, non dimentichiamoci. Ma io dico: perchè, solo per fare un esempio, i negozi di kebab (almeno quelli gestiti da musulmani), li trovo sempre regolarmente chiusi il venerdì??? Poi dicono che ci facciamo disprezzare…

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  2. I commercianti in realtà, almeno i piccoli, credo che siano più che altro vittime. Sono le grandi catene, Carrefour, Auchan, Ikea etc. che tenendo aperto alla domenica fanno nei fatti una concorrenza sleale e costringono i piccoli all’apertura se non vogliono perdere ancor più clienti.
    Detto questo non ne faccio davero un problema di legge, se uno vuole lavorare di Domenica o andare a fare acquisti, fatti suoi, ma io come lavoratore cristiano voglio avere tutelato il mio diritto ad un giorno di riposo stabilito dalla mia religione (cosa che tra parentesi hanno i lavoratori Ebrei o Musulmani) e io come consumatore cristiano ovviamente eviterò di rendermi complice di chi sfrutta i lavoratori cristiani costringendoli a turni domenicali.

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  3. Io cerco sempre di rifiutarmi di entrare in un centro commerciale la domenica. Ma la tentazione è grande…
    Se vogliamo, il problema è che negli altri giorni, negli altri orari, più nessuno può comperare perché tutti si lavora, comunque.
    Ridateci la casalinga mattutina, restituiremo la domenica con tante grazie.

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    • Hai ragione e anch’io confesso che ho peccato a volte… ma il punto è proprio questo in fondo, no? Un conto è fare una cosa sapendo che è comunque sbagliata e proprio perché non se ne può fare a meno e un conto è farne uno stile di vita.
      Che poi tutto il nostro tran tran sia da rifare perché basato su n’agenda in sé disumana è del tutto evidente (tanto per fare un altro esempio: hai notato che pochissimi ormai si sposano prima dei trent’anni, quando la stessa biologia ti dice che è ormai tardi?)

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      • 61Angeloextralarge

        “pochissimi ormai si sposano prima dei trent’anni”: ho notato proprio la settimana scorsa questa cosa! Non mi ricordo dove, ma bazzicavo nei siti alla ricerca di materiale e ad un certo puto ho trovato una pagina con delle pubblicazioni di matrimonio (mi pare fosse un comune o giù di li). Non so perché ma ho iniziato a leggere i nomi e l’età. Il più giovane aveve 35 anni e il più grande 52. Ci sono rimasta male.
        Per quel che riguarda il lavoro domenicale nei centri commerciali: dalle nostre parti non si è ancora arrivati alla totalità, però la strada è quella. Mi ha colpito un fatto particolare: una commessa ha iniziato una piccola battaglia personale su facebook, puntando molto sul fatto che se loro “devono” lavorare perché la gente ha diritto di trovare ciò che occorre, allora “devono” tenere aperti anche i comuni, gli uffici postali, i commercialisti, gli studi medici (dentisti, ginecologi…), etc. Se ricordo bene lo slogan è “perché noi sì e voi no?”. Beh, nel giro di poco tempo la cosa si è allargata e si sta allargando al punto che ne stanno parlando i giornali. Sono tantissime le commesse (non solo della zona di lavoro di questa commessa) che hanno aderito a questa iniziativa. Ovviamente il motivo non è per santificare le feste… però il polverone si sta alzando.

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  4. Ahem…
    Sì, è vero, è la costruzione del nostro stile di vita che è la base. Ci si sposa tardi perché si lavora tardi perché si studia troppo a lungo perché c’è tanto da sapere ma anche tanto di inutile e perché si ha paura, troppa sicurezza…e si finisce al centro commerciale, la domenica, perché non si sa cosa fare più con il nostro tempo dato che con la moglie non parliamo neanche più e niente sembra valga la pena.

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