L’epopea dei pellegrinaggi

Qualcuno dovrà farci un film un giorno, perché l’epopea dei pellegrinaggi a Gerusalemme è troppo grande per non essere raccontata. Nell’epoca dei jet è difficile rendersi conto di cosa significasse il pellegrinaggio, ma in passato fu la spina dorsale della spiritualità cristiana. Scrive lo storico G. Bordonove: “Sarebbe riduttivo dire che il pellegrinaggio era un elemento della vita cristiana, ne era infatti il coronamento.”. Di fronte a chi voleva intraprendere un cammino di santità si aprivano due vie: entrare in convento o mettersi in viaggio verso i luoghi santi.

Signori e servi, borghesi e nobili, ricchi e poveri, tutti abbandonavano la propria casa e i propri affetti per prendere il bordone del pellegrino e mettersi in viaggio. In particolare, fin dall’inizio della storia cristiana, il pellegrinaggio verso Gerusalemme, il più difficile e faticoso, e quindi per certi versi il più meritorio, proseguì ininterrotto.

Già Melitone di Sardi, agli inizi del secondo secolo, ci racconta la sua esperienza di pellegrino, ma la prima relazione dettagliata la dobbiamo all’anonimo “pellegrino di Bordeaux”. Abbastanza stranamente, anche se doveva essere un uomo facoltoso, non viaggiò per mare, sebbene il viaggio via mare fosse di gran lunga il più rapido, ma si mosse lungo le ancora comode e lastricate strade romane, sorvegliate dalle legioni e assistite da diverse stazioni di sosta. In questo modo percorreva circa quaranta chilometri al giorno e ci ha lasciato un resoconto così dettagliato del suo viaggio da poter essere utilizzato come guida turistica.

Chi era quest’uomo? In realtà di lui non sappiamo nulla. Amos Elon immagina fosse un Ebreo convertito per il notevole interesse che mostra non solo verso i luoghi cristiani, ma anche verso quelli legati a memorie dell’Antica Alleanza. Tanto è vero che una volta giunto a Gerusalemme la prima cosa che va a visitare non è il santo sepolcro, ma il lapis pertusus, roccia forata, dove sorgeva il tempio. Il suo testo, scarno e asciutto, ci dipinge una campagna spettrale. Quel luogo non è frequentato da nessuno, se non da pochi Ebrei che, dopo la fine dell’editto di Adriano che vietava loro il ritorno, osavano ritornare al tempio.

San Girolamo racconta che venivano da ogni dove, fin dalla Britannia e dall’India, per toccare la pietra in cui era stata infissa la croce (a quel tempo la basilica dell’Anastasis non era ancora stata costruita). La maggior parte dei pellegrini viaggiava in estrema povertà, molti spendevano tutti i loro averi per acquistare un passaggio su una galera, dove venivano stipati in cinquecento sottocoperta in navi non più lunghe di trenta metri. Il disagio e il fetore dovevano essere insopportabili. Altri viaggiavano facendo voto di povertà ed austerità, ad esempio c’era chi giurava che non si sarebbe mai cambiato d’abito fino a giungere alla città santa (nel Medioevo igiene e santità sembrano, curiosamente, concetti antitetici, forse per questo si parla di “odore di santità”). Miserabili, inermi, in balìa di tutte le avversità del viaggio, dalle intemperie ai briganti, dalle guerre locali ai pirati fino alle malattie, alla fame e alla sete, l’ostinata perseveranza di questa folla, cha va calcolata in milioni, attestava l’incredibile forza della passione da cui erano possedute.

Naturalmente c’era anche chi viaggiava in tutt’altro modo, si racconta ad esempio di Sigurd, futuro re di Svezia, che procedeva verso Gerusalemme cavalcando su un tappeto di sete sempre più preziose man mano che si avvicinava alla Città, ma anche di Maria Egiziaca, imbarcatasi per Gerusalemme per lavoro, poiché era prostituta, e una volta giunta alla Città convertitasi, da allora in poi avrebbe vissuto come un eremita sulle colline intorno alla città.

Questa folla di pellegrini, come è facile aspettarsi, produceva anche un notevole indotto economico e così fiorivano, già allora, le botteghe di souvenir e le occasioni, le più varie, per allietare il viaggio dei pellegrini e spillare loro qualche soldo, per questo S. Agostino, soltanto cinquant’anni dopo il pellegrino di Bordeaux, ammonisce di fare il viaggio “con il cuore e non con i piedi” e quando, nel dodicesimo secolo, il monaco russo Cirillo domandò al vescovo di Novgorod come doveva comportarsi verso coloro che volevano andare pellegrini a Gerusalemme si sentì rispondere secco che nessun pellegrinaggio era autorizzato. In effetti attorno all’anno mille la pratica del pellegrinaggio era diventata così affollata da rendere i pellegrini gente tutt’altro che afidabile, tanto che pellegrino finì con il diventare sinonimo di vagabondo e persona disonesta. Jacques de Vitry, nel tredicesimo secolo si lamentava che tra i pellegrini ci fosse “un gran numero di parricidi, spergiuri, adulteri, traditori, pirati, fornicatori, beoni, giullari, giocatori di dadi, mimi e attori, monaci apostati e false monache che altro non sono che prostitute”. Talvolta perfino la basilica dell’Anastasis veniva trasformata in bordello, anzi, correva leggenda che i bambini concepiti in essa sarebbero stati particolarmente fortunati. Molti di questi ovviamente si mettevano in viaggio nel desiderio di redimersi, ma, si sa, la forza del pentimento varia da persona a persona e non erano pochi quelli che durante il viaggio ricadevano nelle vecchie abitudini.

Ad ogni modo l’immenso movimento di popolo costituito da questi pellegrini spiega a sufficienza perché la decisione del califfo Akim, detto il pazzo, di vietare l’accesso ai cristiani a Gerusalemme e la distruzione da lui operata dei principali luoghi santi fosse un motivo sufficiente per scatenare una guerra. Ma questo ovviamente sarà oggetto di un altro articolo, fin qui vi ho già annoiato abbastanza.

3 commenti

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3 risposte a “L’epopea dei pellegrinaggi

    • Interessante, pur essendo un appassionato lettore di storie di pellegrinaggio non sapevo nulla di Isolda di Parewastell… certo ha avuto una vita ben avventurosa, no? Nasce il sospetto che gli elementi storici siano un po’ infiorati in casi come questi.

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  1. Una baronessa di Münchausen medievale, perché no? In realtà l’ho trovata per caso, mentre cercavo di ricordarmi il nome di un’altra donna che fu (dice di essere stata) a Gerusalemme al tempo dell’assedio del Saladino. L’ho ritrovata ora, si chiamava Margaret di Beverley
    http://www.umilta.net/jerusalem.html

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