Farsi casa


Si dice che a Lourdes la Madonna riceva in udienza pubblica, mentre a Fatima riceve in udienza privata. Credo che sia vero, perché i due santuari comunicano sensazioni molto differenti. Ma se è così, a Loreto invece la Madonna ti invita a casa sua e ti offre il caffé.

Tutto a Loreto parla di ferialità, di semplicità, lo si potrebbe dire un santuario casalingo. Non che manchi la solennità o il fasto, ma non è mai esibito, potresti quasi dirlo discreto. Una regalità sommessa, una solennità soffusa sembrano essere il carattere lauretano. Del resto a pensarci è del tutto logico, dove potrebbe altrimenti viversi la spiritualità di Nazareth se non nella S. Casa? Dove altrimenti imparare ad essere famiglia?

Però l’altro ieri la Madonna ha davvero esagerato! Vado abbastanza spesso a Loreto, ma una combinazione fortuita come quella non si era mai presentata ed ho potuto rimanere da solo nella S. Casa molto a lungo e mentre accarezzavo le pietre amate, contemplandone amorosamente i familiari graffi e macchie, un pensiero mi ha colpito, quasi come una voce interiore: “Ciò che rende santa questa casa è la presenza di Maria in essa, ma se Maria vive in te allora la santa casa sei tu! Fatti casa per tutti quelli che incontrerai e troverai la pace di Loreto”.

Farsi casa! Che ideale bellissimo! In un mondo sempre più inospitale e aggressivo, dove la violenza ideologica di briganti politici filosofici o teologici lascia a terra sempre più vittime moribonde, essere la locanda tra Gerusalemme e Gerico, per accogliere un Uomo Concreto sempre più ferito e smarrito, abbandonato da preti e farisei distratti dai loro progetti pastorali o dalle loro ansie di restaurazione o di progresso (che altro non sono che due facce del medesimo peccato di orgoglio: la fede trasformata in ideologia) a sanguinare sulle vie della storia. Tenetevi pure i vostri dibattiti e le vostre polemiche intellettuali, non ho tempo per questo, lasciatemi solo olio e vino per curare i moribondi.

Farsi casa! Essere famiglia per vincere la solitudine disperata che ci stringe da ogni parte, aprire senza riserve le porte del cuore perché ognuno si senta accolto, dal barbone alcolizzato al professore cinico e disperato, dal giovanotto pieno di speranze frustrate alla fanciulla bellissima nel suo fiorire e violentata nella sua innocenza. Farsi casa! Perché ognuno trovi in me una parola, un sorriso, una carezza, una speranza. Farsi casa, perché nessuno mai più sia solo.

Farsi casa è la via della Nuova Evangelizzazione. Sarà anche vero che la sfida di fronte a cui si trova oggi la Chiesa è quella della rielaborazione di una cultura cristiana, ma la cultura cristiana medioevale è nata nei monasteri, oasi di umanità nella barbarie, casa di uomini smarriti e dispersi, così oggi credo che la Nuova Cultura Cristiana di cui abbiamo disperatamente bisogno non nasca nelle aule universitarie o nelle aule parlamentari (in cui a scanso di equivoci dovrà comunque approdare, ma in un secondo tempo), ma in famiglia, o anche nelle parrocchie e nei conventi, ma solo nella misura in cui sapranno essere famiglie, là dove, come a Loreto, la solennità si fa feriale, la maestà di Dio diventa vicina e quotidiana.

Evangelizzare non è inculcare, non è imporre delle leggi, ma mostrare e perfino direi esibire uno stile di vita che è l’unico umano, ma come in famiglia si dismettono uniformi e segni di potere così farsi casa significherà mostrare la forza del Vangelo feriale, la sua capacità di farsi concretezza quotidiana di vita. Beninteso, non c’è casa senza regole e senza autorità, ma le regole della casa sono regole flessibili, misurate sulla concretezza dell’uomo e l’autorità è tale perché fa crescere e non perché si impone con la forza. Farsi casa allora significherà anche questo: imparare a dire la verità nella mitezza e nella quotidianità di ciascuno.

Per farmi casa devo innanzitutto aprire il cuore ad ognuno che incontro, senza doppi fondi, senza uscite di sicurezza, senza vie di fuga. Rischiare sempre gli affetti, innamorarsi di ogni uomo e donna, sapendo che il mio cuore è comunque custodito dalla Verginità che mi preserva e mi spinge verso l’Unico. Perché la casa è il luogo degli affetti, là dove ognuno sente che il suo cuore riposa, e il cuore non riposa se non là dove non si sente minacciato, ma custodito ed amato. Farsi casa è misurare l’annuncio sull’ascoltatore e non su me stesso.

E mentre sono sempre di più i miei fratelli che impugnano lo spadone a due mani o si rifugiano nella comodità delle sacrestie, io, come Francesco, voglio andare incontro al sultano a mani nude, disarmato, per offrirgli accoglienza. Una casa non è una fortezza, chiusa da bastioni inattaccabili in una logica difensiva dettata dalla paura, una casa ha le porte aperte e un focolare acceso. Nessun cedimento alla logica del mondo quindi, nessun compromesso sull’identità, perché la casa è innanzitutto la casa di Maria e della Sacra Famiglia, ma nemmeno barriere culturali, ideologiche, affermazione orgogliosa della propria diversità. Sì siamo diversi, certo, ma non c’è bisogno di menarne vanto, come nessuno tra le mura domestiche si vanta del proprio nome, che del resto non è suo, ma ha ricevuto in dono.

Farsi casa è scendere nelle strade, abbandonare la sicurezza dei recinti culturali e materiali, portando in sé la certezza dell’appartenenza che ci custodisce nella Verità. Farsi casa è rischiare il sacerdozio nella laicità, la vita religiosa nella secolarità, perché è il Pastore a cercare le pecore e non viceversa. Farsi casa dunque porta con sé i rischi concretissimi della strada, che è persecuzione, violenza, sopruso. Ma come potremo essere degni discepoli di un maestro crocefisso se non ci consegneremo indifesi nelle mani del mondo?

Dopo il Concilio venne la stagione dell’Abbattere i Bastioni, secondo il felice titolo di un’aureo libretto di Von Balthasar, questo è stato fatto senza troppo criterio e spesso insieme ai bastioni son venute giù case e gloriosi monumenti, così da un po’ di tempo in qua risuona nella Chiesa l’appello a rialzare i bastioni frettolosamente abbattuti, ma non può essere questa la via! L’identità della Chiesa non può che essere un’identità crocefissa, martire, nel duplice senso di testimone e perseguitata e perciò stesso indifesa. La nostra identità non è nelle forme, non più di quanto la santità stia nelle devozioni, non è dunque in quelle che dobbiamo confidare, pena ridurre la fede ad archeologia. L’amore a Cristo, a Maria, all’uomo e dunque al rischio che comporta sempre il dialogo, presupposto di ogni annuncio, l’essere casa accogliente dove possa scattare la scintilla dell’incontro tra divino ed umano, è la nostra sola via.

In una parola sola farsi casa significa non essere né progressisti né conservatori, ma semplicemente santi.

13 commenti

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13 risposte a “Farsi casa

  1. Claudia Mancini

    “Farsi casa allora significherà anche questo: imparare a dire la verità nella mitezza e nella quotidianità di ciascuno”.
    Che meravigliosa attenzione per l’altro, Don Fabio: da Uomo Concreto per uomini Concreti!

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  2. 61Angeloextralarge

    Ahahahah! Da questo post in poi, ogni volta che andrò a Loreto mi guarderò intorno attentamente e se ti vedrò (perché ormai sono in grado di riconoscerti)… ti sentirai bussare dietro le spalle e vedrai una extralarge che ti fa festa… quella sarò io! 😀
    Amo quel santuario! E’ sempre stato il mio rifugio spirituale nei momenti difficili che ho avuto e, siccome non sono finiti, lo sarà ancora.
    Dici bene quando scrivi: “accarezzavo le pietre amate”! Quante volte mi sono appoggiata a loro, con la schiena, tenendo bene le mani dietro, per accarezzarle ad occhi chiusi: pregavo chiedendo a Maria le cose che mi sembravano più necessarie, chiedendole però di darmi la sua capacità di accogliere “quello che l convento passava”, anche se non era quello che desideravo. Le dicevo: “Mamma carissima, tu queste pietre le hai toccate, Gesù le ha toccate, avete vissuto tra queste pietre, loro vi hanno sentiti respirare, hanno sentito la vostra voce, la vostra preghiera!”. E non potevo non pensare: “Qui l’Angelo ti ha portato l’annuncio! Portalo Tu a me! Fammi essere docile, accogliente, discreta, silenziosa! Fammi essere la donna che Dio ha pensato!”.
    Sai, senza saperlo chiedevo di diventare “casa” per gli altri, perché essere la donna che Dio ha pensato è essere casa per gli altri.
    Grazie don Fabio! Sgraffigno il post! 😉

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  3. Mario G.

    Bella idea, don Fa, sarà un gioioso ritrovarsi… Noi ci saremo

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  4. Giovanni

    Si, Don Fabio, il tuo articolo mi ha colpito tanto, sono un marchigiano acquisto dal sud e la prima volta, che sono venuto con il treno nelle Marche guardando la chiesa di Loreto, sentivo che qualcosa mi accomuna. E poi da lì è partito tutto il mio trasferimento nelle Marche, il mio matrimonio a Loreto, etcccc; nulla viene a caso e il articolo mi fa riflettere sul mio percorso passato presente e futuro. ( sono stato a Loreto il 3 Luglio 🙂 )
    Buone vacanze a tutti. e grazie Don Fabio per questo articolo e per il blog.
    Giovanni

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  5. gianna

    grazie per questo bellissimo articolo….avevo bisogno di capire alcune cose …….le ho capite e rendo grazie a Dio per il suo amore e per sua Madre …..anch’io qualche anno fa in quelle mura ho sentito forte la voglia di cantare …Maria vieni a casa mia……ma questo articolo me lo ha ricordato…grazie

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