Incontrarsi in rete

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Quest’oggi il Papa ha fatto un mirabile discorso sulla comunicazione in Rete, che mi ha profondamente interrogato e mi ha portato ad un serio esame di coscienza che voglio condividere con voi.

Ci sono diverse idee importanti, che meritano di essere sottolineate. La prima mi sembra questa: “è anche possibile chiudersi in una sfera di informazioni che corrispondono solo alle nostre attese e alle nostre idee”. Non di rado ho avuto anche io questa sensazione: i social network non sono poi tanto social.

Questo accade perché nessuno può gestire l’immensa mole di informazioni che ci arriva dalla rete e quindi tendiamo inconsciamente a chiuderci in atteggiamento difensivo nel giro ristretto di quelle  persone che conosciamo meglio, e di cui ci fidiamo. Tanto più che i network tendono a facilitare questo processo, tramite algoritmi che presentano alla tua attenzione solo quello che incontrerà i tuoi gusti. A lungo andare questo fa sì che impariamo solo ciò che sappiamo già e conosciamo solo chi già abbiamo conosciuto.

Per noi cattolici però questo è un rischio mortale, intanto perché è l’esatto contrario di ciò che ci raccomanda il Papa, che invece ci invita continuamente ad andare verso le periferie, e poi perché equivale a chiudersi in una sacrestia e parlare solo tra noi e batterci le mani a vicenda. Il fatto che le pareti di questa sacrestia siano solo virtuali non cambia nulla, sempre di ambienti chiusi si tratta.

Ovviamente tutti corrono questo rischio, anche quelli a cui vorremmo rivolgerci, quelli che si percepiscono come membri di un altro clan. Stabilire il contatto quindi diventa ancora più difficile, perché per andare incontro all’altro bisogna superare una barriera, vincere una resistenza e non di rado questo tentativo viene visto come un’aggressione: “come ti permetti di venire qui a pontificare?” sembrano dirci, dove per “qui” intendono “nel mio circolo di amici che sono tutti come me, la pensano come me e quindi non mi sfidano, non mi interrogano, non mi fanno domande…” tu invece che pretendi di vedere le cose in un altro modo sei visto come un marziano, come un intruso da espellere al più presto.

Per di più questo raggrupparsi in clan fa sì che ognuno abbia una visione distorta del pensiero dell’altro, che parte da una precomprensione di gruppo, in base al noto principio per cui essere amici significa avere dei nemici comuni. Accade così che spontaneamente si esaltano le differenze anziché cercare le consonanze, fino all’assurdo spettacolo presentato da gruppi di cattolici che se le danno di santa ragione per difendere punti che a loro sembrano essenziali, ma nella realtà sono differenze trascurabili, questioni di mero dettaglio.

Devo sempre ricordarmi che “Non basta passare lungo le “strade” digitali, cioè semplicemente essere connessi: occorre che la connessione sia accompagnata dall’incontro vero.”

Devo cioè sforzarmi di trasformare ogni incontro virtuale in un incontro personale, non necessariamente IRL (in Real Life), ma comunque sempre autentico, perché “solo chi comunica mettendo in gioco se stesso può rappresentare un punto di riferimento. Il coinvolgimento personale è la radice stessa dell’affidabilità di un comunicatore.”

Questo coinvolgimento personale richiede tempo, silenzio e pazienza: “dobbiamo recuperare un certo senso di lentezza e di calma. (…) tempo e capacità di fare silenzio per ascoltare. Abbiamo anche bisogno di essere pazienti se vogliamo capire chi è diverso da noi”.

Dobbiamo cioè riuscire a sfuggire alla trappola della reattività immediata, tipica della Rete. Non cambia nulla se mi prendo un minuto di più per postare il mio messaggio decisivo, salvo che forse eviterò di scrivere una sciocchezza e ferire qualcuno, anche involontariamente.

Se la sfida è quella di vedere la Rete non solo come una rete di impulsi, ma come una rete di persone, allora io per primo devo imparare a guardare alle persone dietro i bit.

C’è un cuore che muove le dita che battono sulla tastiera, quello devo raggiungere e da quello devo farmi raggiungere. Se questa comunicazione “cordiale” non passa io ho fallito il mio obbiettivo, sia come evangelizzatore che come uomo, anche se ho detto cose oggettivamente bellissime ed estremamente ragionevoli.

“La testimonianza cristiana non si fa con il bombardamento di messaggi religiosi,” scrive il Papa (citando Benedetto XVI), “ma con la volontà di donare se stessi agli altri «attraverso la disponibilità a coinvolgersi pazientemente e con rispetto nelle loro domande e nei loro dubbi, nel cammino di ricerca della verità e del senso dell’esistenza umana». In altre parole anche in rete il proselitismo non serve a niente, se non ad inasprire gli animi e marcare ulteriormente le distanze, solo un dialogo sincero a partire dalle comuni istanze umane ha qualche possibilità di evangelizzare.

Insomma la mia presenza in rete deve esprimere tenerezza. Secondo la parabola del buon samaritano, genialmente applicata dal Papa a questo contesto, le mie parole devono riuscire ad essere olio che lenisce le sofferenze e vino che mette allegria.

Mamma mia come sono distante da tutto questo! Video bona proboque, mala sequor.

24 commenti

Archiviato in Attualità, Spiritualità

24 risposte a “Incontrarsi in rete

  1. Tanto tenera non sono, ma cerco di amare.

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  2. lucazacchi

    L’ha ribloggato su Luca Zacchi, energie rinnovate e rinnovabilie ha commentato:
    Mi permetto di ripubblicare questo post di Fabio che commenta il messaggio di Papa Francesco per la Giornata della Comunicazione.

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  3. Lidia

    parole sante! Personalmente, mi sono confessata decine di volte per aver scritto cose che possono aver ferito qualcuno, e ho scritto decine di post di scuse, rettifiche…perché altrettanti ne ho scritti di accusa, rimprovero, ecc. ecc. Però è difficile, già ho le mie difficoltà a chiedere scusa subito nella vita reale, su Internet poi…Sul fatto del “scrivo solo a chi la pensa come me e coloro che esprimono pareri diversi li tratto da eretici” secondo me è un tratto perniciosissimo del web cattolico, Però è anche comprensibile il volersi “sentire a casa” ed è vero che nella nostra società sempre più sola a volte i consigli li cerchi sul gruppo su Internet e non fra amici reali (ergo ti cerchi gente che la pensi come te). Mi fa pensare che ci sono ancora troppi cattolici soli, anche loro fragili, che invece di sentirsi padroni delle strade del mondo si sentono alla ricerca di una casa. L’evangelizzazione secondo me è cercare lontani ma anche prendersi cura dei vicini, senza mai creare “gruppetti”. Che cosa sovrumana …

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    • Hai ragione nel dire che questo chiudersi in gruppetti autoreferenziali a volte può essere sintomo di solitudine e non solo di pigrizia mentale, però in ogni caso mi sembra che sia pericoloso, no?
      Credo che se uno si crea la sua combriccola su Internet per trovare rifugio dalla solitudine finisce un po’ inevitabilmente con il preferire la compagnia degli amici di tastiera da quella degli amici di carne e ossa e allora la solitudine non diminuisce, ma semmai si amplifica, anche se mascherata…

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      • Lidia

        sì, per questo secondo me, oltre all’evangelizzazione dei lontani, è indispensabile anche quella dei vicini. Perché non è tollerabile vedere gruppi di cattolici arrivare a insultarne altri solo perché hanno opinioni leggermente differenti, mi viene da chiedermi questi cattolici chi hanno nelle loro vite che li curi., chi mostra loro l’amore di Dio per i lontani e i vicini. E visto che si fidano di Internet…uno li raggiunge tramite Internet. Certo che è dura. Vabbè, pensieri in libertà, i miei 😀

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  4. scrivere quello che il cuore mi dice,per me è facile ,il difficile al contrario sarebbe scrivere cose che non sento e se le scrivessi mi vergognerei.

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  5. Io credo che semplicemente non si può chiedere ad un mezzo come la rete di fare o dare quello che non può fare o dare.

    Se Cristo avesse iniziato oggi la sua vita pubblica, avrebbe affrontato le strade, fatto discorsi nelle piazze (certo probabilmente amplificati dai network televisivi), nelle odierne Sinagoghe (non solo ebree) o avrebbe aperto un blog e magari il suo bel social? (!)

    Io uso molto la rete, partecipo (anche troppo) commentando qua e là, ma mi domando spesso serve? A cosa serve?

    Tutto i blog e i gruppi social tendono a divenire autoreferenziali e a chiudersi, a difendere posizioni, a escludere piuttosto che accogliere. Spazi in cui ognuno cerca di ritagliarsi il suo singolo spazio. E dell’uomo che ne è?
    Chi sono io sulla rete, ma si potrebbe dire “nella rete” – preso nella rete.
    Comprendo spesso da commenti o risposte, anche quelle lusinghiere o plaudenti, che non è quella la mia immagine, forse il mio pensiero del momento e si spera un pensiero sincero, vero, ma che è della mia persona, della tua, della vostra. E se siamo, come siamo, immagine di Cristo, come possiamo esserlo in uno spazio così artificiale e ristretto. Vale anche per il “lontano”, per l’ateo, della cui umanità poco o nulla percepiamo e così rimane il suo pensiero, spesso per non inaccettabile e perciò rifiutato… e così il gioco è fatto! Si è alzata una barriera.

    Come vedrà l’altro o io nell’altro, Cristo, come si potrà vederlo mancando lo sguardo, il volto, il sorriso, il pianto, la gioia o il dolore che si fanno carne. La carne dolente per il peccato. Come passerà la Misericordia, il Perdono, l’atto di Amore gratuito.

    Certo ci possiamo arricchire, anche di buoni pensieri, possiamo chiarire dubbi, aumentare la nostra conoscenza anche di cose Sante, ma non possiamo dimenticare che di tutto questo nulla rimarrà… Vanità di vanità.
    Non saremo giudicati sul numero di post, di blog, di follower, di social, forum e iscritti, anzi se questo ci avrà distolto o portati anche ad un solo peccato di omissione (di omissione!), sarà a nostro danno.
    “Signore, Signore…” “abbiamo sempre parlato di te sul web, di te abbiamo chattato, pingato, ribloggato, postato…”
    Ma il rischio c’è… C’è il rischio che risponda: “Non vi conosco!”

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  6. Non è proprio così, Bariom. Parlo della mia esperienza su Facebook e ti posso assicurare che li si prega proprio tanto. In gruppi piccoli e segreti vengono lanciati degli SOS per persone che neanche conosciamo e noi ci diamo dentro con la preghiera, e i risultati ci sono, eccome.
    E’ stato fatto l’appello fra amici per salvare una parrocchia de L’Aquila e le donazioni sono state tantissimi e l’appello è stato diffuso anche sui blog. Altri hanno bisogno di un posto di lavoro e cerchiamo tutti.
    C’è una facciata e c’è il cuore ed è un cuore grandissimo. Certo che ci sono i gruppi, ma il rischio di chiudersi, almeno per quanto riguarda i miei amici e me, è casomai soltanto una difesa verso la cattiveria.

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    • Non ho detto che il web o i social non servono a nulla…
      La mia provocazione ha un preciso punto focale, ma se non risultato chiaro… amen.
      😉

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      • Non avevo letto la tua provocazione ma solo una descrizione su come stanno, secondo te, le cose.
        Ti ho risposto che l’incontro in rete è possibile, non è per tutti un mettersi in mostra, certo che accade, ma se non diventa un’abitudine, è normale in chi non ha ancora raggiunto lo stato di santità ufficiale.
        In questa vita tutti noi stiamo cercando un piccolo o grande posto che sia, non c’è nulla di male, in qualche modo è una richiesta di coccole: “Guarda ci sono anch’io!”, in alcuni casi singoli è solo vanità. Non mi disturba, c’è una ricchezza interiore in quasi tutti, è bello scoprirla.

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        • E io leggo la tua quasi come “difesa d’ufficio”…
          Vedi come è facile (altro problema non da poco in rete) non comprendere l’esatto intendimento di chi scrive.
          “L’incontro in rete” cos’è? Un incontro virtuale e ne ha tutti i limiti (e i rischi), non si tratta di rigettare tutti, ma di esserne consapevoli.
          Non si tratta di aver raggiunto nessun particolare grado di santità (ufficiale o meno),

          Poi anch’io ho fatto conoscenze nuove, anche stimolanti, che, guarda caso, sono poi uscite dall’angusto spazio di un post.
          Io ho puntato il dito verso limiti e rischi… tu non li vedi?
          Io si… che posso farci? Magari il limite è mio non della “rete”
          ———————————
          Già, la “rete”. “…vi farò diventare pescatori di uomini”.
          Può essere questa la “rete”? Si, ma ha maglie molto, molto larghe 😉

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          • Certo che vedo i rischi, da molto tempo, ma mi concentro sull’utile, sul bello, non mi va di perdere del tempo. 😉
            Per il resto, ci rinuncio, mi rendo conto che l’incontro non è sempre possibile e non insisto. 🙂

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          • Lidia

            guarda qui, Bariom: http://www.comegesu.it/ credo che sia un tipo di “incontro” molto diverso da altri siti o blog che conosci.
            Capisco perfettamente quello che vuoi dire, e in molte occasioni penso che la carità sia diventata una virtù optional nei siti “cattolici”, però resto dell’idea che ci siano ancora troppe persone sole, fragili, o semplicemente stanche che si affidano a Internet per lasciarle da sole.
            Poi l’esercitare le virtù sta a noi…

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  7. giovanna

    Il web certo serve, eccome, per diffondere all’infinito idee, opinioni, informazioni ma anche pseudo-informazioni, e spesso sulla pelle degli altri, sulla pelle di chi dissente dalla posizione predominante. Il confronto è destinato a fallire, perché si resta inesorabilmente ancorati alle proprie convinzioni, alla fine alla propria solitudine. La rete, fatta di parole, paradossalmente non regge alla prova del nove del dialogo che resta possibile, e in qualche caso utile, solo fra uguali. Questa è purtroppo la mia esperienza del web, che mi induce a non chiedergli quel che non può dare.

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  8. 61Angeloextralarge

    “le mie parole devono riuscire ad essere olio che lenisce le sofferenze e vino che mette allegria”: credo profondamente che tu, Don Fa’, stia facendo proprio questo. Più di una volta mi hai consolato con un tuo post capitato ad hoc e tante, tantissime volte mi hai fatto ridere sanamente, sorridere, gioire. Non solo tu, anche Karin, Costanza ed altri autori di post.
    Poi, per quel che riguarda l’uso del web, sono molto di coccio e anche imbranata su tantissime cose. Quello che ho imparato mi è costato fatica, sbagli e ripetizioni di errori… ma cocciuta sono!
    Non ho mai cercato amici e conoscenti nel web, eppure il Signore me li ha dati: mi ha dato tutti voi! E siete importanti per il mio cammino di fede. Non mi sono ma sentita sola ma adesso mi sento un po’ più forte perche tocco con mano quotidianamente, entrando nei blog, che non è vero che la fede sta morendo, anzi!
    Per ora non uso facebook, twitter, etc. Mi creerebbero confusione in testa e attorno, soprattutto perché dovrei negare amicizie a chi la pensa molto diversamente da me soprattutto nella fede e, purtroppo per me, non si tirerebbe indietro nell’inserirmi commenti quasi blasfemi se non del tutto. Che fare? Per amore del quieto vivere e per non aumentare la distanza tra loro e me… per ora mi limito a girare nei blog e a colaborare con un sito non mio… Di più non posso.

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  9. E’ vero qualsiasi argomento si affronta ,è bello guardarlo dal lato spirituale, a volte si legge solo in superficie senza approfondire e un argomento che prima mi aveva detto poco poi si trasforma e può racchiudere tanti tesori, tanti insegnamenti.

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  10. Io ho fatto il mio personale esame di coscienza qui http://11chilometri.wordpress.com/2014/01/24/e-chi-e-mio-prossimo/ e mi sono permessa di linkare il tuo articolo tra i commenti del mio!

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  11. Io penso che la maggior parte di noi abbiamo avuto un ottima scuola sul blog di Costanza Miriano prima maniera, diciamo fino ad un annetto fa (adesso mi sembra un po’ cambiato).
    Ho un po’ nostalgia di quel periodo, Costanza era riuscita a raccogliere intorno a sé un trust mica da ridere, praticamente il meglio dell’intelligenza cattolica in Rete, e da lì sono nate robuste e solide amicize, tutt’altro che virtuali.
    Peccato che passando in Real Life quell’esperienza di rete si sia un po’ dispersa.
    Ci vorrebbe una nuova Costanza, una Madame de Stahel capace di creare un “salotto” simile a quello

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    • L’hai detto, don Fabio. Ricordo con simpatia quella “combinazione” di autori e commentatori, il risultato era eccellente e godibilissimo.
      L’analogia con madame de Stahel è troppo forte, non mi sarebbe mai venuta in mente.

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  12. Ciao complimenti per l’articolo, io sono un ambassador del safer internet di Cisco Systems e formo i ragazzi delle scuole in merito alla sicurezza sulla rete (cyberbullismo, pedopornografia, sexting). Vi consiglio anche questo articolo con l’iniziativa della Polizia Postale “una vita da social” http://ilblogdipaoletta.wordpress.com/2014/01/22/cyberbullismo/ saluti a tutti

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  13. bernardoluraschi

    Tutti noi abbiamo le nostre “parrocchie”, di destra di centro, di sinistra, cattoliche, buddiste, filosofiche, per tutti i gusti per tutte le manie. Abbiamo bisogno di questo per rassicurarci, perché la nostra soggettività nella sua totalità psicofisica è in solitaria presenza in un mondo vastissimo che la sovrasta in continui mutamenti, dove gli altri esseri sorgono e tramontano in un divenire in cui noi siamo l’unica costante. Occorrono quindi certezze, scopi che ci facciano coscienti che anche quando quella realtà non è presente ai nostri sensi alla nostra mente essa “è”, così da non essere più soli. Quindi in fondo non è internet a portarci al simile diciamo ideologico, ma la nostra disperata e disperante condizione umana, avvero la coscienza di “essere”e al contempo essere soli. Internet in realtà è uno strumento che i militari ci hanno regalato per disumanizzarci, per negare l’incontro, per abolire la fisicità. Fateci caso, tutto in questa modernità si fa immateriale e in questo perde senso temporale e storico, internet è una confusione atemporale e aspaziale, dove tutto si disperde in una nuvola rassicurante sempre presente. Questa è la vera rivoluzione di internet, ci stiamo sganciando dalla realtà. Mi viene da pensare che stiamo scivolando in un rassicurante utero, in un certo senso una regressione collettiva che rifiutando la realtà e la difficoltà delle relazioni umane, si precipita così nella sempre richiamabile e rassicurante realtà virtuale della propria “parrocchia”.

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    • Caro Bernardo, innanzitutto grazie del tuo cntibuto, sempre gradito.
      Io credo che non sia del tutto un male raggrupparsi tra simili, è un bisogno naturale, esprime una ricerca di identità. Nessuno può vivere senza riconoscersi in qualcun altro, pena il totale isolamento.
      Il male comincia quando questo gruppo diventa autoreferenziale e si chiude in se stesso, quando parte da un pregiudizio o una precomprensione che rede impossibile un confronto aperto. D’altra parte non di rado questo è un meccanismo difensivo che scatta inevitabilmente di fronte all’esasperata aggressività della Rete.
      Tuttavia io non sono così pessimista.
      Ho ottime amicizie nate grazie alla rete che non sarebbero state altrimenti possibili. Certo, c’è uno step che va superato, l’amicizia virtuale deve diventare, a un certo punto, IRL, altrimenti si chiude in se stessa e nell’irealtà.
      Tuttavia questo è possibile. Raro, come è rara l’amicizia, ma possibile.

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