il Sinodo “in pillola”

È noto che durante il Concilio Vaticano II i padri conciliari dibatterono a lungo circa le questioni pastorali poste dalla massiccia diffusione della “pillola”, e la stragrande maggioranza di loro non vedeva nulla di peccaminoso nel suo utilizzo.

Il dibattito fu lungo e acceso, a tratti molto aspro (si narra che il card. Ottaviani abbia apostrofato in aula il card. Suenens con queste parole “l’avesse presa tu’ madre!”), finche Paolo VI con una decisione, che deve essere stata davvero sofferta, avocò a sé l’intera materia, avviando poi il processo che lo portò a pubblicare quattro anni dopo quell’enciclica profetica che fu l’ “Humanae Vitae”.

Fu il classico esempio di una decisione giusta presa con le motivazioni sbagliate, o almeno largamente insufficienti. Paolo VI infatti temeva che separando il sesso dal “rischio” della generazione ci si sarebbe avviati per una via di deresponsabilizzazione dell’amore, scoperchiando un vaso di Pandora con conseguenze imprevedibili.

La storia ha largamente confermato i suoi timori e tutto quello che è accaduto dopo, dalla depenalizzazione di divorzio e aborto alla fecondazione artificiale fino alle proposte di matrimoni omosessuali o addirittura di poligamia viene da quel punto originale: la separazione del sesso dalla generazione.

E se Paolo VI allora non avesse avuto quel coraggio oggi la Chiesa si troverebbe a combattere la sua battaglia fondamentale in favore dell’uomo senza armi.

Eppure le motivazioni di Paolo VI erano insufficienti.

Non sarebbe giusto né umano infatti fondare una decisione morale sulla paura, non è moralmente buono un bene fatto per paura, e quindi non si può legare la moralità del sesso alla paura di una gravidanza. Bisognava aspettare il genio del filosofo e teologo card. Woijtyla che ebbe il coraggio di scrivere un libro immenso, “Amore e responsabilità”, in cui fondava i punti essenziali dell’insegnamento cristiano sull’amore non sulla paura, ma su un’analisi fenomenologica del rapporto sessuale.

Una volta divenuto Papa, Woijtyla ha portato questo approccio innovativo e geniale (si partiva dalla concretezza esistenziale dell’uomo e non più dal dogma) anche nel suo magistero, fino alle straordinarie catechesi sulla sessualità umana pronunciate dal 1981 al 1985 che hanno cambiato per sempre il magistero cattolico in materia, non nel suo esito, ma nella sua metodologia.

Se penso all’imminente Sinodo dei Vescovi vedo profilarsi in qualche modo una situazione simile, con l’episcopato diviso e rumorosamente polemico, il Santo Padre che tace e prega e l’opinione pubblica, almeno quella dei giornali mainstream, fortemente schierata e che tenta di tirare i padri sinodali qua e là.

Per quanto importante, il parere di un Sinodo è sempre soltanto consultivo: alla fine dei conti sarà comunque il Santo Padre a decidere e certamente non invidio la responsabilità che si è assunto convocando questo Sinodo. Bisogna altresì riconoscere che era assolutamente necessario farlo, non essendo più sopportabile lo “scisma di fatto” in cui la grande maggioranza dei Cattolici vivono in materia di morale familiare.

Come al tempo del Concilio la discussione sulla sessualità umana era stata semplificata dai giornali in termini di “Pillola sì, pillola no”, così oggi è ridotta alla questione “comunione ai divorziati sì, comunione no”, come se il Magistero della Chiesa fosse una specie di vigile urbano che deve concedere o no l’accesso ad una strada.

I vescovi però sanno bene che il Magistero è tutt’altro: a loro spetta non il compito di concedere permessi, ma di orientare le scelte morali, cioè la vita concreta, dei credenti. Non si tratta quindi di depenalizzare qualcosa, ma di comprendere e spiegare le motivazioni profonde dell’agire. Per questo non possono fare semplicemente ciò che vogliono, le loro decisioni invece devono essere, e sono certo che saranno, ispirate alla globalità complessiva della visione cristiana dell’uomo, a partire proprio dalle direttive tracciate da Giovanni Paolo II, che restano come un’imprescindibile punto di riferimento.

Come allora, molti non accettano di ridurre il dibattito a quella che è indubbiamente una semplificazione grossolana, e anche io spero che il Sinodo abbia un largo respiro, andando a toccare le questioni di fondo, esistenziali, della vita di famiglia, mentre la questione della comunione ai divorziati resta in sé marginale.

Tuttavia, anche se marginale, è vero che, come la questione della pillola, anche questa ha in sé una carattere simbolico forte, che si presta bene a polarizzare la discussione. Si tratta infatti in ultima analisi di decidere se il matrimonio è semplicemente un atto privato tra due persone che si vogliono bene (come vorrebbe tutta la corrente mainstream) e quindi ridurlo alla manifestazione di un sentimento, il che porta inevitabilmente al “love is love” di Obama, oppure se l’amore tra un uomo e una donna ha una rilevanza cosmica, se è qualcosa che riguarda tutta la Chiesa e in ultima analisi l’universo intero, se un uomo e una donna sposandosi non si assumono una responsabilità non solo l’uno verso l’altro, ma verso la società, il cosmo, Dio stesso.

In realtà tutta la morale familiare sta o cade su questo punto, la questione quindi è solo apparentemente marginale, come solo apparentemente marginale era quella della pillola. In realtà, ancora una volta il rischio è quello di deresponsabilizzare l’amore, di separare il sesso dalle sue ragioni esistenziali, e come la massiccia introduzione della contraccezione scoperchiò il vaso di Pandora che ha riempito di demoni la nostra vita, così oggi ci troviamo di fronte ad un rischio simile.

Ben venga un dibattito sereno, aperto e senza pregiudiziali, anche violento se necessario. Ben venga perché il problema sul tappeto è enorme e va sviscerato in tutte le sue componenti, ma alla fine decida il Papa, nella sua autonoma responsabilità davanti a Dio. Mi fido di lui, mi fido dello Spirito Santo che lo ha scelto, prego per sostenerlo in questo smisurato compito che si è assunto.

17 commenti

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17 risposte a “il Sinodo “in pillola”

  1. Luca Zacchi

    L’ha ribloggato su Luca Zacchi, energia in relazionee ha commentato:
    Si parla molto in questi giorni del Sinodo sulla Famiglia che sta per iniziare. Molto e molto a sproposito io trovo. Perciò vi propongo il contributo dell’amico Fabio Bartoli, parroco in una chiesa cattolica in Roma, che fornisce una chiave di lettura interessante dell’evento. Buona lettura.

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  2. Martina

    Grazie di questa analisi seria e rispettosa

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  3. 61angeloextralarge

    “Mi fido di lui, mi fido dello Spirito Santo che lo ha scelto, prego per sostenerlo in questo smisurato compito che si è assunto”: smack! 😀

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  4. Questioni marginali, ma tutt’altro che marginali.
    Forse meglio definirle la “punta di un iceberg”, un iceberg pericoloso per la sua parte appunto nascosta, sommersa, perché se la pillola “scoperchiò il vaso di Pandora che ha riempito di demoni la nostra vita”, oggi ben altro è il rischio e pare essere in gioco la Santità stessa del Sacramento del Matrimonio, la sua indissolubilità, quella Santa Unione che genera Figli di Dio, non solo Sue Creature.

    Ma anch’io sono fiducioso: “alla fine decida il Papa, nella sua autonoma responsabilità davanti a Dio. Mi fido di lui, mi fido dello Spirito Santo che lo ha scelto, prego per sostenerlo in questo smisurato compito che si è assunto.”

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  5. Roberta

    Il pensiero espresso potrebbe anche essere condivisibile, ma non comprendo in che modo questo giustifichi la difficoltà che hanno tutti gli altri che non hanno fede cattolica a seguire gli stessi principi.

    Mi spiego: se una persona è atea o buddista o crede nel dio Ra o in Manitou, per quale motivo dovrebbe avere difficoltà ad utilizzare o acquistare la pillola, limitazione della diffusione nelle farmacie del profilattico per obiezione del farmacista o del consultorio e via dicendo?

    Se una persona non segue questi principi, che non sono universali, ma appartenenti a specifiche religioni, perché dovrebbe avere inferiori tutele di altri nella propria relazione con la persona con cui vuole costruire il futuro? Sia che questo significhi essere eterosessuale senza alcuna volontà di avere figli, o transessuali o omosessuali.

    In particolare, in base a quale principio questi ultimi dovrebbero avere inferiori tutele per quel che riguarda permessi di soggiorno, cittadinanza del coniuge straniero, aspettativa per motivi di salute della compagna, ricongiungimento familiare, obbligo di assistenza, decisioni sulla salute della compagna non cosciente, pensione di reversibilità?

    In pratica perché la morale cattolica dovrebbe essere imposta per legge anziché una libera scelta morale dell’individuo?
    Non è a suo avviso sbagliato essere virtuosi per legge? perché la legge impedisce o mette difficoltà a qualsiasi “questione morale” che per definizione dovrebbe essere individuale?

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    • Giancarlo

      Cara Roberta, fai attenzione: perché la chiesa ha negato la liceità della pillola? C’è un motivo ben preciso che ha fondato la decisione della chiesa di negare la liceità della pillola. Questo motivo è, precisamente, proprio uno di quei principi universali, cioè validi e veri per tutti, che non ha, in sé, proprio niente di religioso e che riguarda semplicemente la natura umana. La sessualità umana, per la precisione.

      La sessualità umana ha un suo significato, un suo modo di compiersi, certe regole, un inizio, un suo sviluppo, un epilogo. Tutte queste cose non hanno proprio niente a che vedere con la religione, men che meno con il cattolicesimo. Hanno a che vedere con la natura umana, e basta. L’atto sessuale non inizia con la penetrazione, né termina con l’orgasmo. C’è una storia prima di arrivare alla penetrazione, che prosegue oltre l’orgasmo. Non sono regole stabilite dalla chiesa, è semplicemente la natura umana. Se vuoi essere rispettosa della tua natura, devi anche rispettare la tua sessualità. Quando la chiesa ha negato la liceità della pillola, lo ha fatto solo ed esclusivamente per rispettare la tua natura. Non ci sono altri motivi.

      Assumere una pillola che interferisce con la propria natura, fino a snaturare completamente la sessualità umana, significa non tenere in alcuna considerazione né la propria salute né il significato delle cose. A quale fine? Ne vale la pena?

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  6. Giulio

    Complicato , quindi di sicuro e’ un argomento che riguarda i cattolici, penso pure che’ , esista il libero arbitrio . Comunque per chi segue, o pensa di essere cattolico , si trova ad una alleggerimento progressivo di tutta la teologia cattolica, sin dal concilio vaticano II , ed in questo sinodo e’ una nuova proposta di alleggerirla , basta che non pensino di eliminare pure l’ eucarestia, e’ poi cosa rimane piu’ …….

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  7. rosangela

    e’ una bella analisi ma non la condivido per niente,sposata molto felicemante da 20 anni ho sempre usato metodi anticoncezionali tra un figlio e l’altro ,cio non ha deresponsabilizzato il grande amore che ci lega, ogni coppia e’ responsabile dei figli che genera e spesso non e’ cosi semplice usare metodi naturali, il Papa essendo un gesuita sapra benissimo essere chiaro su questi temi. non ne dubito .

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    • @Rosangela:

      LETTERA ENCICLICA DEL SOMMO PONTEFICE PAOLO PP. VI

      HUMANAE VITAE

      Inscindibili due aspetti: unione e procreazione

      12. Tale dottrina, più volte esposta dal magistero della chiesa, è fondata sulla connessione inscindibile, che Dio ha voluto e che l’uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell’atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo. Infatti, per la sua intima struttura, l’atto coniugale, mentre unisce con profondissimo vincolo gli sposi, li rende atti alla generazione di nuove vite, secondo leggi iscritte nell’essere stesso dell’uomo e della donna. Salvaguardando ambedue questi aspetti essenziali, unitivo e procreativo, l’atto coniugale conserva integralmente il senso di mutuo e vero amore ed il suo ordinamento all’altissima vocazione dell’uomo alla paternità. Noi pensiamo che gli uomini del nostro tempo sono particolarmente in grado di afferrare quanto questa dottrina sia consentanea alla ragione umana.

      Vie illecite per la regolazione della natalità

      14. In conformità con questi principi fondamentali della visione umana e cristiana sul matrimonio, dobbiamo ancora una volta dichiarare che è assolutamente da escludere, come via lecita per la regolazione delle nascite, l’interruzione diretta del processo generativo già iniziato, e soprattutto l’aborto diretto, anche se procurato per ragioni terapeutiche. È parimenti da condannare, come il magistero della chiesa ha più volte dichiarato, la sterilizzazione diretta, sia perpetua che temporanea, tanto dell’uomo che della donna.

      È altresì esclusa ogni azione che, o in previsione dell’atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione. Né, a giustificazione degli atti coniugali resi intenzionalmente infecondi, si possono invocare, come valide ragioni: che bisogna scegliere quel male che sembri meno grave o il fatto che tali atti costituirebbero un tutto con gli atti fecondi che furono posti o poi seguiranno, e quindi ne condividerebbero l’unica e identica bontà morale. In verità, se è lecito, talvolta, tollerare un minor male morale al fine di evitare un male maggiore o di promuovere un bene più grande, non è lecito, neppure per ragioni gravissime, fare il male, affinché ne venga il bene, cioè fare oggetto di un atto positivo di volontà ciò che è intrinsecamente disordine e quindi indegno della persona umana, anche se nell’intento di salvaguardare o promuovere beni individuali, familiari o sociali. È quindi errore pensare che un atto coniugale, reso volutamente infecondo, e perciò intrinsecamente non onesto, possa essere coonestato dall’insieme di una vita coniugale feconda.
      …………………………….
      Questo cara Rosangela è quanto. Ed è l’insegnamento della Chiesa a cui siamo chiamati a conformarci a ragione della Comunione con Essa e con lo stesso Signore Gesù Cristo.
      Sul tema poi non è difficile (volendolo ovviamente) trovare approfondimenti che ancor più specificatamente trattano la questione dei sistemi anticoncezionali.

      Poi ognuno può ritagliarsi la verità a modo suo, trovare la strada più semplice o anche raccontarsi delle menzogne dicendo siano vere, ma si eviti di spacciare queste personali “teorie” come fossero appunto verità.
      Ciò non toglie la volontà e la responsabilità, che come tale è anche dovere morale, di accudire ai figli che si siano generati.

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  9. Giampiero Cardillo

    Mi ha colpito molto un servizio all’interno dell’ultima trasmissione delle “Iene” girato a Mikonos, in un inferno di droga, alcool, sesso e rock and roll. Dopo aver sondato con cruda ironia il putrido abisso di sperma e vomito spalmato in pubbliche orge, l’intervistatore è stato “rassicurato” da due ragazzette: tranquillo, facciamo solo “sesso sicuro”.
    “Sicuro”, capite?
    Di sicuro c’è solamente il fatto che hanno perduto il senso della vita quei giovani italiani, disperati senza saperlo, in trasferta all’inferno, al seguito di un ex poliziotto travestito da ignobile satiro, osannato dalla giovane folla ubriaca.
    Partiamo dagli effetti. E gli effetti sono questi. Dai frutti ci facciamo una idea dell’albero.
    Il cardinale Ottaviani aveva tutte le ragioni. Suenens era un albero malato.
    Un popolo senza donne, diventate mignotte ubriache e drogate, consapevoli e convinte, non resiste alla dissoluzione.
    I maschietti sono una parte “minorata” di ogni società.
    Sono le donne, che non abbiamo difeso e che fatichiamo a difendere, il motore sociale dell’incivilimento, come diceva don Sturzo, speriamo al più presto Santo. Il ’68 sta dispiegando tutta la sua pianificata, terribile forza distruttiva.

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